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Alcuni spunti tra normativa e giurisprudenza sul giudizio di meritevolezza e i reati ostativi all’ingresso e alla permanenza dello straniero sul territorio italiano.

Il tema in oggetto è piuttosto delicato e può costituire, per chi si occupa di diritto dell’immigrazione, un nervo scoperto.

In occasione di rinnovi o valutazioni circa il rilascio/rifiuto/diniego/revoca di un permesso di soggiorno, infatti, è previsto che le Questure, quali Autorità Amministrativa competenti, svolgano una valutazione specifica sul soggetto richiedente circa la “meritevolezza” di un titolo di soggiorno.

Tale analisi è fondamentalmente una valutazione sulla condotta che il cittadino straniero tiene ed ha tenuto sul territorio dello Stato.

Si tratta di un’analisi molto importante e, anzi, cruciale per il prosieguo della permanenza sul territorio dello straniero; purtroppo tale valutazione è spesso effettuata fuori dai parametri di Legge, per alcune prassi di alcuni Uffici Immigrazione.

Ma vediamo nello specifico di cosa si tratta.

Le norme. Pericolosità sociale dello straniero e reati c.d. ostativi

Per pericolosità sociale normativamente si intende una condizione soggettiva caratterizzata da precedenti condanne di particolare rilievo, una condotta recidivante abituale o professionalità nel reato, in ogni caso una accertata tendenza a delinquere.

Questi indici denotano pericolosità sociale che, lo si sottolinea sin d’ora, non può essere nemmeno intravista nell’esistenza di una sola condanna o di semplici segnalazioni di polizia.

A norma dell’art. 203 c.p. viene considerata socialmente pericolosa la persona che commette un fatto previsto dalla legge come reato ed è probabile che ne commetta di nuovi: tale giudizio influisce sulla misura e sulla qualità della pena, impedisce la concessione della sospensione condizionale e nel caso dei minorenni del perdono giudiziale.

Le qualità di una persona socialmente pericolosa sono quelle che possono essere individuate secondo un’attenta lettura dell’art. 133 c.p., ovvero la natura/specie/mezzi/oggetto/TEMPO/luogo e modalità dell’azione criminosa, che dovranno essere attentamente vagliati ai fini di una prognosi di pericolosità sociale.

In particolare sarà importante il “fattore tempo”, poiché le condotte antisociali devono essere necessariamente circoscritte nel tempo in cui furono compiute, senza pregiudicare la valutazione specifica di una persona a distanza, ad esempio, di molti anni dal compimento di un fatto costituente reato.

Altri fattori importanti sono la gravità del danno o del pericolo cagionati, l’intensità dell’elemento soggettivo, i precedenti penali ecc.

Ma il fattore più importante in tale valutazione deve necessariamente essere quello della condotta contemporanea e susseguente al reato, unito al fattore delle condizioni di vita del soggetto (personali e familiari).

Purtroppo spesso si assiste a prassi deplorevoli di alcune Questure che rigettano istanze di rinnovo o di rilascio del permesso di soggiorno anche in base ad una sola denuncia, magari risalente nel tempo.

Le considerazioni sopra svolte devono essere accompagnate dall’analisi dei presupposti di cui all’art. 1 D.Lgs. 159/2011, in quanto la Corte Costituzionale, con le sentenze nn. 24 e 25 del 27.02.2019, recependo la sentenza della Corte EDU (De Tommaso – 23.02.2017), ha ridisegnato gli ambiti di operatività del sistema delle misure di prevenzione, le quali sono gli strumenti giuridici tipici da adottare nei confronti dei c.d. socialmente pericolosi.

La Consulta afferma, in tali importanti pronunce, che la locuzione “coloro che per la condotta e il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose”, deve concretizzarsi in categorie di reato di cui l’Autorità deve dare conto in quanto si tratti di:

  • delitti commessi in un significativo arco temporale dal soggetto;
  • che abbiano effettivamente generato profitti in capo a costui;
  • i quali profitti, a loro volta, costituiscano – o abbiano costituito in una determinata epoca – l’unico reddito del soggetto, o quanto meno una componente significativa di tale reddito.

Il T.U. Immigrazione e non solo, a livello normativo, richiede espressamente la presenza, ai fini di una revoca del permesso di soggiorno di condanne, ovvero titoli di reato per cui vi sia stata una condanna, indipendentemente dalla gravità del fatto o dall’entità della pena irrogata, anche se condizionalmente sospesa.

In particolare si consideri, ad esempio, l’art. 5 T.U. Immigrazione il quale al comma 5 prescrive che la pericolosità sociale debba essere valutata e bilanciata tenendo conto dell’entità dei legami familiari, della loro natura, dell’esistenza ulteriore di legami familiari nel Paese d’origine dello straniero.

Tra le altre valutazioni, si tenga in considerazione anche quella prospettata dall’art. 4 co. 3 T.U. Immigrazione, secondo il quale non è ammesso in Italia lo straniero che … sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato … o che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p., per i reati previsti dall’art. 380 co. 1 e 2 c.p.p. ovvero per reati inerenti gli stupefacenti [tra questi anche la fattispecie di lieve entità ex art. 73 co. V TU stupefacenti – Corte Cost. n. 277/2014], la libertà sessuale …

È molto importante ribadire tale concetto: senza una condanna, anche non definitiva, non è legittima nessuna valutazione di pericolosità sociale.

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I reati ostativi

Il reato ostativo è un termine il cui concetto è naturalmente di derivazione penalistica e l’art. 4 co. 3 T.U. Immigrazione richiama espressamente tale categoria, che ricomprende delitti ritenuti estremamente gravi per il nostro ordinamento, per i quali non è applicabile (ad esempio) la sospensione condizionale della pena oppure per i quali non è possibile accedere ai benefici carcerari (tranne la liberazione anticipata).

Le tipologie di reato considerate sono quasi le stesse previste dall’art. 4 bis Ord. Pen., ma la norma di riferimento, oltre a quelle citate (artt. 4 co. 3 – art. 5 co. 5 e co. 5bis – art. 9 T.U.I.), è certamente l’art. 380 c.p.p.

Si tratta di fattispecie di reato per le quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza di reato, reati inerenti alle sostanze stupefacenti, alla libertà sessuale, ovvero ancora al favoreggiamento della immigrazione clandestina ed emigrazione clandestina, al reclutamento di persone destinate alla prostituzione nonché allo sfruttamento della prostituzione.

Alcuni esempi pratici:

È un elenco esemplificativo, ma non esaustivo.

La giurisprudenza di riferimento

La Giurisprudenza di merito, quella di Legittimità nonché quella amministrativa, sono per lo più concordi nel ritenere che la P.A. non possa adottare alcun automatismo in relazione alla valutazione di pericolosità sociale ma, anzi, questa debba essere sempre e comunque accompagnata da una valutazione nel merito, specifica e plasmata sul caso concreto.

Occorre dunque valutare se lo straniero costituisca una minaccia concreta ed attuale, sufficientemente grave per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza dello Stato, prevalente rispetto ad ogni interesse confliggente.

Ulteriormente deve essere tenuta in grande considerazione la contestuale presenza ovvero l’esistenza di una famiglia, di una vita familiare e privata di rilievo, anche a norma delle modifiche introdotte dal recente D.L. 130/2020.

Ad esempio (Cass. Civ. S.U. n. 15750/2019in tema di autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore straniero … il diniego non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso TU considera ostativi … non di meno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico… e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore … al quale la norma attribuisce valore prioritario. [D’altronde la Corte Costituzionale con sentenza n. 202/2013 dichiarava la illegittimità dell’art. 5 co. 5 TUI nella parte in cui prevedeva che la valutazione discrezionale si applichi solo allo straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento o al familiare ricongiunto, e non anche allo straniero che abbia legami familiari nel territorio]

Ed è anche il Consiglio di Stato (sez. III del 29.11.2018) a sostenere che la pericolosità sociale non va tipizzata solo su una o più precedenti sentenze penali di condanna.

Non può l’amministrazione limitarsi a richiamare, nei propri provvedimenti di rigetto o di rifiuto, le condanne subite (e le segnalazioni di polizia) senza compiere alcun giudizio sull’essere lo straniero attualmente un pericolo per la sicurezza.

Anche a fronte di un reato rientrante nelle ipotesi di cui al citato art. 381, si rende necessaria una più ampia valutazione di concreta e attuale pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica, che va argomentata, nell’ambito di una necessaria visione di insieme, sulla base di ulteriori elementi oggettivi di fatto, di cui occorreva dare adeguatamente conto nell’ambito di un’esaustiva e perspicua motivazione, qui non avutasi.

A questo punto vengono certamente in rilievo le disposizioni del T.U. Immigrazione relative alla valutazione congiunta con le norme del codice penale in tema di pericolosità, ovvero una valutazione che tenga conto di circostanze di tempo e modalità delle condotte, di riferimenti temporali che consentano di definire completa la valutazione di pericolosità sociale e soprattutto l’abitualità criminosa ai sensi dell’art. 203 c.p.

Sulla stessa scia il Tribunale di Napoli (24.02.2019) che afferma la illegittimità del diniego anche se la pericolosità sociale non è più attuale, per indici risalente nel tempo, poiché si è già detto di segnalazioni a tutti gli effetti non decisive nella valutazione.

Così anche per la Suprema Corte (Cass. Civ., sez. VI, n. 15785/2013) in base al quale sono le sentenze definitive di condanna ad essere considerate ai fini della valutazione della gravità della fattispecie delittuosa. Non può esserci un giudizio meccanicistico sulla gravità dell’asserito reato commesso, ma solo un giudizio sulla gravità di un reato commesso e di cui ad una sentenza di condanna.

Ulteriormente e nello stesso senso, si consideri la Giurisprudenza di merito (Tribunale di Catania, ordinanza del 15.02.2019 – R.G. 13254/2017), che considera rilevanti ai fini di un giudizio di revoca solamente le fattispecie penali per le quali si è stati condannati con sentenza definitiva.

Si legge, inoltre, in tale pronuncia che, nonostante la condanna per fattispecie sussumibili in quelle di cui all’art. 407 co. 2 lett. a) c.p.p., l’analisi della sussistenza della suddetta causa di esclusione che comporta la revoca […] impone, verificata la commissione di uno dei reati di cui all’art. 407 co. 2 lett. a) c.p.p., che il Giudice compia una valutazione individuale del singolo caso specifico per stabilire se il richiedente abbia tenuto o abbia una condotta di vita che costituisce pericolo per la sicurezza dello Stato ovvero per l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica.