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Il 29.06.2023 il Collegio Penale del Tribunale di Forlì depositava le motivazioni alla base delle ampie assoluzioni con riferimento alla nota vicenda delle vendite piramidali: le dichiarazioni di un coimputato, che originavano diverse inchieste in tutta la regione, sono state valutate inattendibili e prive di riscontri, rispetto al paradigma normativo e giurisprudenziale della fattispecie associativa.

Con la sentenza n. 418 del 13.04.2023 (dep. 29.06.2023) il Tribunale di Forlì motivava le numerose ed ampie assoluzioni già oggetto delle cronache locali (Fonte: Corriere Romagna).

Per dovere e correttezza l’analisi che segue riguarda l’imputato assistito dal mio Studio che doveva difendersi da accuse molto pesanti, in particolare dall’essere ritenuto (soprattutto a seguito delle parole di uno dei coimputati, per evitare pesanti condanne in aggiunta a quelle già presenti nel proprio casellario…) consulente ed esecutore delle direttive principali del dominus nonché partecipe dei meccanismi fraudolenti posti in essere ai fini della cessione di beni e servizi di una società che, sempre secondo l’Accusa, sarebbe stata prova dell’esistenza di una struttura a sostegno dell’associazione.

L’accusa era particolarmente ambiziosa e contestava a tredici dei diciassette imputati il vincolo associativo di cui all’art. 416 c.p., nei seguenti termini: perché si associavano tra loro con ruoli e mansioni diverse e predefinite, allo scopo di commettere più delitti di truffa, sostituzione di persona, ed estorsione, fra i quali quelli di seguito indicati (oltre a quelli oggetto di altri procedimenti penali…), in particolare perché attraverso l’uso della società W***  e della finanziaria K**** (intermediaria per conto della Banca…) mediante un sistema assimilabile a quello delle vendite piramidali, reclutavano personale e ponevano in essere una collaudata attività delittuosa, consistente nella accensione di contratti di finanziamento all’insaputa dei beneficiari e/o mediante l’utilizzo di falsi documenti di identità e falsa documentazione reddituale, finalizzati all’acquisto di beni venduti dalla predetta concessionaria anche mediante ricorso a forme di intimidazione e minaccia, svolgendo in concreto le seguenti funzioni: …

In ottica difensiva era opportuno evidenziare al Collegio giudicante che il coimputato mio Assistito non era mai stato direttamente chiamato in causa, nulla veniva dimostrato rispetto al suo coinvolgimento nei fatti se non una breve parentesi lavorativa alle dipendenze di un altro coimputato, solo parzialmente coinvolto nella società madre che, secondo la prospettazione dell’Accusa, avrebbe dato la struttura all’associazione criminosa.

Si producevano, pertanto, documenti attestanti l’impiego professionale e certificazioni reddituali attestanti quanto sopra, peraltro approfondendo le generiche note della P.G. agli atti.

L’unico vero elemento a carico del mio Assistito erano le parole di un coimputato, che in evidente ottica premiale si era messo a disposizione della Procura (non solo di Forlì), in quanto arrestato in flagranza per alcune ipotesi delittuose collegate a quelle oggetto di procedimento, rispetto alle quali il mio Assistito era stato invece assolto con formula piena. L’esame del coimputato dimostrava pertanto unicamente un intento vendicativo, non sorretto da lucidi argomenti di prova.

Con riferimento, pertanto, all’ipotesi associativa il mio Assistito risultava del tutto estraneo e, soprattutto, mai nemmeno menzionato dai testimoni né tantomeno da coloro che venivano considerati i vertici della piramide associativa.

La difesa decideva, pertanto, di evidenziare al Collegio che la stessa Giurisprudenza citata dall’Accusa (Cass. Pen. sez. VI n. 43656/2010), sosteneva che ai fini della configurabilità dell’art. 416 c.p. è necessario dare dimostrazione della stabilità di un accordo tra le persone e della condivisione dei consociati di un modulo operativo, inoltre (Cass. Pen. sez. II n. 5424/2010), l’associato deve dare attuazione plurima ai reati fine del sodalizio.

Sostanzialmente: certo che il contributo ai fini della configurazione della fattispecie va apprezzato a prescindere dal ruolo ricoperto dal consociato, ma un ruolo deve pure esserci.

L’unico elemento a carico, lo si ripete, erano le scarsamente attendibili dichiarazioni di un coimputato che dimostrava grande rancore nei confronti del mio Assistito e di altri imputati, per vicende personali più o meno collegate. Con riferimento a tale aspetto il Collegio forlivese si esprimeva in questo modo: le dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese dal coimputato D., coinvolto in prima persona in alcune truffe da lui attuate ai danni di ignari clienti (v. capo 2), che attribuiscono al P. il ruolo di ideatore del sistema truffaldino qui contestato, restano prive di seri e affidabili elementi di riscontro.

Ed ancora: l’unico elemento a carico, proveniente dalle propalazioni accusatorie di D. che indica P. come il suo capo e referente all’interno della struttura organizzativa di W., sconta notevoli limiti di attendibilità sia per la mancanza di riscontri sia per i toni particolarmente rancorosi da questi utilizzati nei confronti del P.

L’Accusa non provava in alcun modo, nemmeno per via testimoniale, il coinvolgimento del mio Assistito nel reato-scopo di cui capo 15) d’imputazione, ovvero la sostituzione di persona ai fini di ottenere finanziamenti da parte di istituti di credito, mandando assolto per particolare tenuità del fatto solo uno dei coimputati, che aveva invece materialmente sottoscritto un contratto attestando false qualità personali con riferimento esclusivo alla propria persona.

Ed allora si evidenziava un’ulteriore indicazione della Suprema Corte (Cass. Pen. n. 52005/2016), secondo la quale il ruolo ricoperto potrà essere anche limitato, ma deve essere in ogni caso strumentale ad un vantaggio o profitto personale che, nel nostro caso, il mio Assistito non traeva in alcun modo.

Così il Collegio riteneva che nella vicenda in oggetto difettasse, in toto, l’elemento costitutivo del reato associativo contestato, per tutti gli imputati. Ciò in quanto l’associazione a delinquere presuppone l’esistenza di un’organizzazione di carattere stabile preordinata alla realizzazione dei delitti concretamente programmati; nel caso di specie dall’istruttoria dibattimentale non sono emersi aspetti connotati da illiceità tali da poter ritenere che la stessa (società) fungesse da ossatura dell’associazione a delinquere … altro aspetto da sottolineare è la mancanza di riscontri in merito alla ricorrenza di una dipendenza intersoggettiva tra i componenti dell’associazione che, secondo la tesi dell’accusa, operavano illecitamente realizzando i reati-scopo in attuazione delle direttive impartite dal P.

Sempre secondo il Tribunale di Forlì, l’insegnamento della Suprema Corte (Cass. Pen. n. 11782 del 18.01.2023) è per l’esclusione della fattispecie in oggetto qualora manchi del tutto la prova di un collegamento tra reati-scopo e direttive dei responsabili dell’organizzazione: difetta inoltre la prova di un chiaro e predefinito accordo tra gli imputati per finalità illecite, l’elaborazione di un programma criminoso e di una strategia comune. Inoltre, il requisito (Cass. Pen. sez. II n. 16339 del 2013) della stabilità del vincolo associativo appare nel caso di specie mancare laddove si evidenzia che non tutti ma solo alcuni dei collaboratori si sono resi responsabili di condotte illecite sfruttando la posizione ricoperta nell’organizzazione societaria e lavorando per l’azienda solo per un tempo limitato (anche pochi mesi).

Alla luce delle suesposte considerazioni, difettando dunque gli elementi oggettivi e soggettivi del delitto di associazione a delinquere di cui al capo 1), si deve addivenire ad una pronuncia di assoluzione per tutti gli imputati perché il fatto non sussiste.

Inutile sottolineare la particolare soddisfazione nel vedere accolta una tesi difensiva che, ancorata sui principi normativi e giurisprudenziali, ha consentito al proprio Assistito di uscire indenne da una pericolosissima vicenda processuale di rilevanza mediatica, collegata ad una ulteriore e seria vicenda che, nel prossimo futuro, dovrà necessariamente tenere conto della valutazione di cui alla sentenza in commento.

 

avv. Filippo Antonelli

Foro di Forlì-Cesena

Vendite piramidali: condanne miti e senza associazione a delinquere per il caso di Cesena

 

In attesa della pubblicazione delle motivazioni, condivido un importante risultato conseguito che dimostra l’inesistenza dell’associazione a delinquere e l’estraneità della posizione del mio Assistito mandato assolto da ogni accusa.

Fonte: Corriere Romagna

 

avv. Filippo Antonelli

Foro di Forlì-Cesena