La tutela dell’identità digitale e le false identità
La nuova presa di coscienza passa dalla specificità normativa.
1. FURTO DI IDENTITÀ DIGITALE
I dati sui cybercrime sono allarmanti, si tratta del fenomeno più vasto su scala mondiale.Solitamente il furto d’identità digitale è un’azione prodromica alla commissione di ulteriori illeciti, con alcune fasi che distinguono tale azione:
- acquisire i dati sensibili o informazioni personali della vittima;
- possesso e messa in commercio di tali dati;
- utilizzo di tali informazioni per compiere ulteriori reati
Il furto d’identità digitale non è previsto nel nostro ordinamento penale quale fattispecie autonoma di reato.
L’ultima volta che la Giurisprudenza ha affrontato la questione, nel 2014, ancora una volta si è adoperata una differente fattispecie di reato, associandola al furto di identità digitale (come può essere il delitto di sostituzione di persona, ai sensi dell’art. 494 c.p.).
Certamente l’identità digitale costituisce un bene giuridico nuovo, esso è composto sia dal diritto di non essere falsamente descritto, o travisato, sul web, sia dal diritto di utilizzo estremamente esclusivo dei propri dati personali e non degli strumenti informatici (così Chiara Crescioli – Diritto Penale Contemporaneo – 5/2018).
Abbiamo oggi a disposizione identità digitali che sono veri e propri alter ego che espandono la nostra memoria, le nostre capacità di azione, di informazione e di comunicazione.
Pare sia arrivato il momento di abbandonare l’utopistica idea, per certi versi romantica, della “rete” intesa come spazio e luogo libero dal diritto, un porto franco non limitabile o condizionante.
2. UN’APPLICAZIONE PRATICA: IL FALSO PROFILO SOCIAL
La terza sezione penale della Suprema Corte (n. 42565/2019) approfondisce alcuni aspetti interessanti rispetto alla creazione di un falso profilo social, attraverso l’utilizzo di dati personali altrui.
Si tratta del reato di cui all’art. 167 D. Lgs. 196/2003 (testo vigente rispetto alla commissione dei fatti, prima dell’avvento del GDPR Reg. UE 2016/679 e quindi del D.Lgs. 101/2018), per l’illegittima diffusione dei dati personali.
La condotta in oggetto consisteva nell’utilizzazione, ad insaputa della persona offesa, dei dati personali di quest’ultima che era stata iscritta dall’imputato su un social networkmediante un profilo falso.
In particolare alla voce “sesso” di tale profilo erano stati inseriti i dati della persona offesa.
In tali indagini l’analisi dell’indirizzo IP è particolarmente importante ai fini probatori.
In particolare, non era dato sapere chi altri potesse mai essere a conoscenza dell’account creato dall’imputato, al punto da potervi accedere ed inserire i dati della persona offesa.
3. ALCUNI RILIEVI PENALISTICI: SI TRATTA DI REATO PERMANENTE
Nel rigettare l’avvenuta prescrizione contestata dal ricorrente, la Suprema Corte qualifica il reato del trattamento illecito dei dati personali come reato permanente.
Il testo previgente rispetto al G.D.P.R. (le cui fattispecie sono oggi rintracciabili, sostanzialmente in sovrapposizione, nei numeri 1 e 2 dell’art. 4 del Regolamento UE), individua la condotta di diffusione come la conoscenza dei dati fornita ad un numero indeterminato di soggetti. Nel caso in oggetto la condotta di diffusione, programmata e destinata a raggiungere un numero indeterminato di soggetti, si caratterizza (così Michele Iaselli – Altalex – 15.11.2019) per la continuità dell’offesa derivante dalla persistente condotta volontaria dell’agente (che ben avrebbe potuto rimuovere i dati personali resi noti ai frequentatori del social network.
4. CONCLUSIONI: UNO SGUARDO AL FUTURO
Siamo oggi di fronte ad una “frontiera mobile” che è indicativa di future tendenze, con inesplorate potenzialità già anticipate dalla c.d. intelligenza artificiale.
Ad avviso di chi scrive si può parlare di rivoluzione, proprio perché il fenomeno dell’identità digitale investe oggi ogni sfera delle nostre vite, andando ben oltre la comunicazione e l’intrattenimento.
Tale rivoluzione coinvolge lo svolgimento della nostra vita e porta con sé opportunità e vantaggi, ma anche difficoltà e conflitti che spesso possono tradursi in comportamenti illeciti, che minacciano diritti individuali e collettivi degni di protezione giuridica.
Il rischio concreto è che l’identità digitale sfugga al controllo dell’uomo.
Sembra pertanto fondamentale aggiornare il nostro ordinamento in un’ottica di apposita tutela dell’identità digitale, andando a proteggere e garantire specificamente profili della nostra vita che, come evidenziato in narrativa e nel caso portato ad esempio, continuano a prestare il fianco a sempre più evidenti attacchi e soprusi.
Anche nel caso di un “comune” profilo del social network che utilizziamo ogni giorno.
Avv. Filippo Antonelli