TAR per l’Emilia Romagna sentenza del 4.9.2024

Si può, però, prescindere dall’approfondire l’effettivo rispetto della garanzia procedimentale, dal momento che il ricorso appare comunque suscettibile di positivo apprezzamento nella parte in cui esso deduce la violazione del terzo comma dell’art. 9 del DPR 394 del 1999, che prevede la possibilità di sostituire il passaporto con altro atto equipollente: ciò che sarebbe accaduto nel caso di specie, avendo lo straniero fornito prova della propria identità e nazionalità mediante esibizione, nel corso del procedimento, del permesso di soggiorno già posseduto e della carta d’identità italiana allegati alla domanda.

In questa pronuncia cautelare il TAR di Bologna si esprimeva in senso favorevole al ricorrente straniero, già in sede cautelare decidendo di risolvere la controversia ai sensi dell’art. 60 c.p.a., ovvero con una sentenza in forma semplificata e immediata.

La vicenda vedeva uno straniero richiedente permesso di soggiorno per lavoro che riceveva un rifiuto da parte della Questura in quanto, durante l’istruttoria, non aveva esibito un passaporto in corso di validità.

L’unico motivo per il quale lo straniero non aveva esibito tale documento era dovuto ai ritardi dell’Autorità del proprio Paese di provenienza, supplendo a tale mancanza con il precedente permesso di soggiorno e la carta d’identità, esibiti e consegnati alla Questura.

Il rifiuto appariva ancora più ingiustificato, in quanto in sede di consegna del provvedimento di rigetto lo straniero veniva identificato proprio con il passaporto, nel frattempo ottenuto.

Il TAR per l’Emilia Romagna decideva di condannare l’Amministrazione alle spese di giudizio.

 

avv. Filippo Antonelli

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Cassazione Penale, sez. 6, sentenza n. 17367 del 24.4.2024 (dep. 26.4.2024)

 

“… In primo luogo, deve sottolinearsi come la Corte di Appello abbia reso una motivazione apparente in relazione al dedotto rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti, dedotto dal ricorrente richiamando, in particolare, il report del Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del 2022, dal quale emergerebbero condizioni non rassicuranti. A fronte della specifica indicazione di una fonte attendibile, la Corte di appello avrebbe dovuto valutare la necessità di richiedere informazioni integrativa in ordine al luogo e alle modalità di detenzione cui il ricorrente verrebbe sottoposto o, in alternativa, avrebbe dovuto fornire una adeguata motivazione idonea a confutare la deduzione difensiva. …

Analoga conclusione, peraltro, si impone anche in riferimento all’omessa valutazione del radicamento in Italia del ricorrente. è pur vero che tale elemento è ostativo alla consegna solo nel caso di mandato di arresto esecutivo, cionondimeno, l’art. 19, lett.b), l. 22 aprile 2005, n. 69, stabilisce che lo stabile radicamento impone di subordinare l’esecuzione del mandato alla condizione del rinvio in Italia per l’esecuzione della pena.”

Un cittadino bulgaro residente in Italia da 25 anni veniva arrestato dalla P.G. in esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso dalla Bulgaria, per esigenze cautelari relative ad indagini su condotte del 2012, relativamente ai reati di truffa e appropriazione indebita.

Abbiamo ritenuto di basare le nostre doglianze difensive su due fattori principali: il profondo radicamento in Italia dell’arrestato (compagna convivente, ex moglie, tre figli invalidi, attività lavorativa e residenza nel territorio da almeno 25 anni) documentando alla Corte d’Appello ogni aspetto, tanto in udienza di convalida quanto all’udienza di esecuzione; ma anche il necessario vaglio d’ufficio da parte della Corte sulle condizioni delle carceri bulgare, notoriamente preoccupanti, allegando un comunicato del Comitato in seno al Consiglio d’Europa e giurisprudenza di merito che esprimeva particolare preoccupazione.

La Corte d’Appello non motivava in ordine a tali doglianze, di fatto ignorate o ritenute non conferenti al caso soprattutto rispetto alla valutazione del radicamento in Italia, che secondo la Corte costituisce motivo ostativo alla consegna solo in caso di un M.A.E. esecutivo, mentre il M.A.E. in oggetto veniva emesso per finalità investigative.

Il nostro ricorso alla Suprema Corte si fondava pertanto principalmente su questi due aspetti, che venivano positivamente valutati dalla 6 sezione nei termini sopra riportati, così annullando la sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello per il nuovo giudizio.

 

avv. Filippo Antonelli

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TAR per l’Emilia Romagna – ordinanza cautelare n. 408/2023

Ritenuto ad un sommario esame di poter apprezzare favorevolmente le esigenze cautelari atteso che le ragioni del diniego impugnato appaiono riconducibili unicamente a fatti imputabili alla volontà di terzi e non dell’odierno ricorrente, il quale ha invece fornito elementi per poter ambire alla conversione del titolo di soggiorno per lavoro subordinato, con doverosa rivalutazione da parte della Prefettura.

In questa pronuncia cautelare il TAR di Bologna si esprimeva in senso favorevole al ricorrente straniero, in una vicenda particolarmente interessante.

Lo straniero era titolare di un regolare visto per tirocinio e, prima della scadenza, chiedeva la conversione dello stesso in permesso per lavoro subordinato, allegando proposta di contratto da parte di un datore di lavoro che, secondo la PA nel preavviso di rigetto ex art. 10bis L. 241/90, sarebbe stato oggetto di plurime irregolarità.

A disposizione della difesa vi erano alcune sanzioni amministrative, regolarmente pagate ed estinte, che venivano pertanto allegate chiedendo il riesame della domanda. Non solo, ma si allegava anche una proposta di altro datore di lavoro e si chiedeva, in estremo subordine, permesso per attesa occupazione.

Dopo 5 mesi, in assenza di riscontri tranne che per la conferma del parere negativo sul datore di lavoro (mai documentato, ad ogni modo, dalla PA), la difesa si metteva in contatto telefonico con la PA ed apprendeva, clamorosamente, che “a portale” era già stato caricato un rifiuto della domanda (ad Aprile!) mai comunicato o notificato allo straniero e, peraltro, nemmeno firmato digitalmente.

La PA sosteneva che nulla di più fosse dovuto, ritenendo chiusa la questione.

Nel depositare ricorso al TAR, la difesa – composta dal sottoscritto e dall’avv. Francesco Roppo di Forlì – chiedeva di essere restituita nei termini, posta la evidente negligenza della Prefettura (violazione dell’art. 3 co. 3 Regolamento attuativo al TUI) nonché la incolpevole condotta dello straniero che non veniva posto in condizione di difendersi.

Nel merito, si sosteneva altresì la totale assenza di valutazione delle richieste subordinate (altro datore di lavoro disponibile o, in estremo subordine, un permesso per attesa occupazione come previsto dalla Circolare Ministero dell’Interno del 20.08.2007) e, sempre, la incolpevole condizione dello straniero che per fatti non imputabili al medesimo si trovava costretto in una condizione di estrema vulnerabilità.

Il TAR accoglieva, come indicato in premessa, la domanda cautelare avanzata in via incidentale per tutelare la presenza sul territorio dello straniero e ordinava alla Prefettura un riesame della posizione, alla luce di quanto esposto.

In attesa dell’udienza nel merito, vedremo il comportamento della Pubblica Amministrazione.

 

avv. Filippo Antonelli

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Tribunale di Bologna ordinanza 07.09.2023

La valutazione delle circostanze relative all’integrazione sociale, lavorativa e alla tutela della vita privata del ricorrente alla luce dell’art. 8 C.E.D.U. non può essere pretermessa sulla scorta della novella normativa di cui al d.l. 20 del 2023 che ha inciso, abrogandolo, sulla seconda parte del comma 1.1 dell’art. 19 del d.lgs n. 286/98 …  dal momento che permane il dovere di valutare il rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali, tra i quali va annoverato quello assunto dall’Italia con la sottoscrizione della CEDU.

 

Così si esprimeva il Tribunale di Bologna in un decreto di accoglimento dell’istanza di sospensione avanzata dal sottoscritto nell’ambito di una procedura di protezione internazionale, all’interno della quale veniva espressamente richiesta protezione della vita privata e, quindi, la protezione speciale residuale di cui all’art. 32 co. 3 D.Lgs. 25/08.

 

Sulla scorta delle importanti pronunce, pur se cautelari, dei Tribunali a seguito dell’entrata in vigore della riforma operata dal d.l. 20 del 2023, sembra potersi auspicare un futuro meno incerto per i diritti degli stranieri.

In attesa dei provvedimenti conclusivi dei giudizi, per ora si tira un bel sospiro di sollievo.

 

avv. Filippo Antonelli

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Il 29.06.2023 il Collegio Penale del Tribunale di Forlì depositava le motivazioni alla base delle ampie assoluzioni con riferimento alla nota vicenda delle vendite piramidali: le dichiarazioni di un coimputato, che originavano diverse inchieste in tutta la regione, sono state valutate inattendibili e prive di riscontri, rispetto al paradigma normativo e giurisprudenziale della fattispecie associativa.

Con la sentenza n. 418 del 13.04.2023 (dep. 29.06.2023) il Tribunale di Forlì motivava le numerose ed ampie assoluzioni già oggetto delle cronache locali (Fonte: Corriere Romagna).

Per dovere e correttezza l’analisi che segue riguarda l’imputato assistito dal mio Studio che doveva difendersi da accuse molto pesanti, in particolare dall’essere ritenuto (soprattutto a seguito delle parole di uno dei coimputati, per evitare pesanti condanne in aggiunta a quelle già presenti nel proprio casellario…) consulente ed esecutore delle direttive principali del dominus nonché partecipe dei meccanismi fraudolenti posti in essere ai fini della cessione di beni e servizi di una società che, sempre secondo l’Accusa, sarebbe stata prova dell’esistenza di una struttura a sostegno dell’associazione.

L’accusa era particolarmente ambiziosa e contestava a tredici dei diciassette imputati il vincolo associativo di cui all’art. 416 c.p., nei seguenti termini: perché si associavano tra loro con ruoli e mansioni diverse e predefinite, allo scopo di commettere più delitti di truffa, sostituzione di persona, ed estorsione, fra i quali quelli di seguito indicati (oltre a quelli oggetto di altri procedimenti penali…), in particolare perché attraverso l’uso della società W***  e della finanziaria K**** (intermediaria per conto della Banca…) mediante un sistema assimilabile a quello delle vendite piramidali, reclutavano personale e ponevano in essere una collaudata attività delittuosa, consistente nella accensione di contratti di finanziamento all’insaputa dei beneficiari e/o mediante l’utilizzo di falsi documenti di identità e falsa documentazione reddituale, finalizzati all’acquisto di beni venduti dalla predetta concessionaria anche mediante ricorso a forme di intimidazione e minaccia, svolgendo in concreto le seguenti funzioni: …

In ottica difensiva era opportuno evidenziare al Collegio giudicante che il coimputato mio Assistito non era mai stato direttamente chiamato in causa, nulla veniva dimostrato rispetto al suo coinvolgimento nei fatti se non una breve parentesi lavorativa alle dipendenze di un altro coimputato, solo parzialmente coinvolto nella società madre che, secondo la prospettazione dell’Accusa, avrebbe dato la struttura all’associazione criminosa.

Si producevano, pertanto, documenti attestanti l’impiego professionale e certificazioni reddituali attestanti quanto sopra, peraltro approfondendo le generiche note della P.G. agli atti.

L’unico vero elemento a carico del mio Assistito erano le parole di un coimputato, che in evidente ottica premiale si era messo a disposizione della Procura (non solo di Forlì), in quanto arrestato in flagranza per alcune ipotesi delittuose collegate a quelle oggetto di procedimento, rispetto alle quali il mio Assistito era stato invece assolto con formula piena. L’esame del coimputato dimostrava pertanto unicamente un intento vendicativo, non sorretto da lucidi argomenti di prova.

Con riferimento, pertanto, all’ipotesi associativa il mio Assistito risultava del tutto estraneo e, soprattutto, mai nemmeno menzionato dai testimoni né tantomeno da coloro che venivano considerati i vertici della piramide associativa.

La difesa decideva, pertanto, di evidenziare al Collegio che la stessa Giurisprudenza citata dall’Accusa (Cass. Pen. sez. VI n. 43656/2010), sosteneva che ai fini della configurabilità dell’art. 416 c.p. è necessario dare dimostrazione della stabilità di un accordo tra le persone e della condivisione dei consociati di un modulo operativo, inoltre (Cass. Pen. sez. II n. 5424/2010), l’associato deve dare attuazione plurima ai reati fine del sodalizio.

Sostanzialmente: certo che il contributo ai fini della configurazione della fattispecie va apprezzato a prescindere dal ruolo ricoperto dal consociato, ma un ruolo deve pure esserci.

L’unico elemento a carico, lo si ripete, erano le scarsamente attendibili dichiarazioni di un coimputato che dimostrava grande rancore nei confronti del mio Assistito e di altri imputati, per vicende personali più o meno collegate. Con riferimento a tale aspetto il Collegio forlivese si esprimeva in questo modo: le dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese dal coimputato D., coinvolto in prima persona in alcune truffe da lui attuate ai danni di ignari clienti (v. capo 2), che attribuiscono al P. il ruolo di ideatore del sistema truffaldino qui contestato, restano prive di seri e affidabili elementi di riscontro.

Ed ancora: l’unico elemento a carico, proveniente dalle propalazioni accusatorie di D. che indica P. come il suo capo e referente all’interno della struttura organizzativa di W., sconta notevoli limiti di attendibilità sia per la mancanza di riscontri sia per i toni particolarmente rancorosi da questi utilizzati nei confronti del P.

L’Accusa non provava in alcun modo, nemmeno per via testimoniale, il coinvolgimento del mio Assistito nel reato-scopo di cui capo 15) d’imputazione, ovvero la sostituzione di persona ai fini di ottenere finanziamenti da parte di istituti di credito, mandando assolto per particolare tenuità del fatto solo uno dei coimputati, che aveva invece materialmente sottoscritto un contratto attestando false qualità personali con riferimento esclusivo alla propria persona.

Ed allora si evidenziava un’ulteriore indicazione della Suprema Corte (Cass. Pen. n. 52005/2016), secondo la quale il ruolo ricoperto potrà essere anche limitato, ma deve essere in ogni caso strumentale ad un vantaggio o profitto personale che, nel nostro caso, il mio Assistito non traeva in alcun modo.

Così il Collegio riteneva che nella vicenda in oggetto difettasse, in toto, l’elemento costitutivo del reato associativo contestato, per tutti gli imputati. Ciò in quanto l’associazione a delinquere presuppone l’esistenza di un’organizzazione di carattere stabile preordinata alla realizzazione dei delitti concretamente programmati; nel caso di specie dall’istruttoria dibattimentale non sono emersi aspetti connotati da illiceità tali da poter ritenere che la stessa (società) fungesse da ossatura dell’associazione a delinquere … altro aspetto da sottolineare è la mancanza di riscontri in merito alla ricorrenza di una dipendenza intersoggettiva tra i componenti dell’associazione che, secondo la tesi dell’accusa, operavano illecitamente realizzando i reati-scopo in attuazione delle direttive impartite dal P.

Sempre secondo il Tribunale di Forlì, l’insegnamento della Suprema Corte (Cass. Pen. n. 11782 del 18.01.2023) è per l’esclusione della fattispecie in oggetto qualora manchi del tutto la prova di un collegamento tra reati-scopo e direttive dei responsabili dell’organizzazione: difetta inoltre la prova di un chiaro e predefinito accordo tra gli imputati per finalità illecite, l’elaborazione di un programma criminoso e di una strategia comune. Inoltre, il requisito (Cass. Pen. sez. II n. 16339 del 2013) della stabilità del vincolo associativo appare nel caso di specie mancare laddove si evidenzia che non tutti ma solo alcuni dei collaboratori si sono resi responsabili di condotte illecite sfruttando la posizione ricoperta nell’organizzazione societaria e lavorando per l’azienda solo per un tempo limitato (anche pochi mesi).

Alla luce delle suesposte considerazioni, difettando dunque gli elementi oggettivi e soggettivi del delitto di associazione a delinquere di cui al capo 1), si deve addivenire ad una pronuncia di assoluzione per tutti gli imputati perché il fatto non sussiste.

Inutile sottolineare la particolare soddisfazione nel vedere accolta una tesi difensiva che, ancorata sui principi normativi e giurisprudenziali, ha consentito al proprio Assistito di uscire indenne da una pericolosissima vicenda processuale di rilevanza mediatica, collegata ad una ulteriore e seria vicenda che, nel prossimo futuro, dovrà necessariamente tenere conto della valutazione di cui alla sentenza in commento.

 

avv. Filippo Antonelli

Foro di Forlì-Cesena

Tribunale di Bologna ordinanza 11.06.2023

Il tribunale di Bologna su una questione molto complessa relativa alla cd. procedura accelerata e rispetto dei termini, dispone la sospensione del provvedimento impugnato di rigetto della domanda di asilo per manifesta infondatezza (con il diritto del richiedente asilo alla titolarità, e al rinnovo semestrale, del permesso di soggiorno provvisorio conseguente alla proposizione della domanda di asilo) e il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione.

La Commissione aveva rigettato la richiesta di asilo del richiedente tunisino per manifesta infondatezza “ai sensi dell’art. 28 ter, primo comma lettera b), D.Lvo n. 25/2008 in ragione del fatto che il ricorrente proviene da Paese designato di origine sicuro ai sensi dell’art. 2 bis del medesimo D.Lvo n. 25/2008; il ricorrente ha eccepito al riguardo che ai sensi dell’art. 35 bis, terzo comma lettera d), D.Lvo n. 25/2008 il provvedimento impugnato in questi casi debba intendersi a suo avviso automaticamente sospeso, atteso che il provvedimento della Commissione, emesso in data 4 aprile 2023, non avrebbe seguito una corretta procedura accelerata (nel ricorso si legge che «il provvedimento impugnato è da considerarsi automaticamente sospeso nonostante la dicitura per “manifesta infondatezza” indicata nel medesimo. La procedura di cui all’art. 28 bis D.Lgs. 25/08 richiede infatti il corrispondente rispetto delle tempistiche anche da parte della P.A. che, nel caso di specie evidentemente non rispettava le forme della procedura che sceglieva di adottare solamente ex post», richiamando anche giurisprudenza in tal senso di questo Tribunale: decreti del 15 settembre 2022 e 6 ottobre 2022)”.

(…)

Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione viene disposto in base al seguente quesito:
se in caso di soggetto proveniente da paese di origine sicuro, il provvedimento di rigetto per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 28 ter, D.Lvo. n. 25/2008 emesso dalla Commissione territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale senza previa adozione di una regolare procedura accelerata di cui agli artt. 28 e. 28 bis D.Lvo. n. 25/2008, determinata con provvedimento del
presidente in seguito a esame preliminare, tempestivamente comunicato dalla Commissione al richiedente asilo, e con rispetto dei termini prescritti dall’art. 28 bis D.Lvo. n. 25/2008, dia luogo o meno a sospensione automatica ai sensi dell’art. 35 bis, terzo comma D.Lvo. n. 25/2008
“.

 

Si ringrazia MeltingPot per la condivisione.

 

avv. Filippo Antonelli

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Vendite piramidali: condanne miti e senza associazione a delinquere per il caso di Cesena

 

In attesa della pubblicazione delle motivazioni, condivido un importante risultato conseguito che dimostra l’inesistenza dell’associazione a delinquere e l’estraneità della posizione del mio Assistito mandato assolto da ogni accusa.

Fonte: Corriere Romagna

 

avv. Filippo Antonelli

Foro di Forlì-Cesena

“In difesa di chi è senza fissa dimora, tra emergenze, diritti negati e nuovi bisogni. Restituiscono la dignità a tutti coloro che restano ai margini della società e il loro impegno è a costo zero. Presentano il bilancio dell’attività svolta nel corso del 2021 i coordinatori e i volontari della onlus Avvocato di strada, con sede a Cesena, che in piena pandemia non hanno rallentato l’impegno sul territorio e l’azione di tutela legale dei senza fissa dimora”.

Qui il link dell’articolo completo.

 

Si intascava i soldi che gli ignari clienti gli affidavano per pagare le tasse: condannato in primo grado il revisore contabile, in aula presenti anche 10 parti civili, due delle quali difese dall’avvocato Filippo Antonelli di Cesena.

Hanno ottenuto una provvisionale … Il resto dovranno (in attesa di un Appello che inevitabilmente arriverà) chiederlo al giudice Civile con cause separate da quella chiusasi ieri in tribunale a Forlì.

Una storia dolorosa per tanti ignari clienti raggirati che riponevano fiducia in Battistini, tanti soldi ‘spariti’ dopo essere stati affidati per anni per il pagamento dei tributi.

Un primo passo, in attesa degli sviluppi processuali.

Fonte CesenaToday

Fonte: Corriere Romagna

Fonte: Il Resto del Carlino

 

Nel piano nazionale di ripresa e resilienza ci sono molte novità, soprattutto con riferimento alla proroga di numerosi termini.
Tra questi bisogna annotare la proroga del permesso di soggiorno fino al 31 luglio 2021.

Si può sempre inviare il KIT postale per rinnovare e convertire permessi di soggiorno e, nel frattempo, sottoscrivere contratti, richiedere il rinnovo di tessere sanitarie ecc.

Ma il Piano comprende molti altri aspetti e altre proroghe, ad esempio anche per tutte le revisioni di navi e veicoli oltre alle patenti di guida.

Ecco qui il comunicato del Consiglio dei Ministri del 29 aprile 2021.